“Gli studi dimostrano che il passaggio a diete ricche di alimenti di origine vegetale, in particolare legumi, frutta a guscio, frutta e verdura, potrebbe portare a una sostanziale riduzione delle emissioni di gas serra rispetto agli attuali modelli alimentari nella maggior parte dei Paesi industrializzati, dando al contempo benefici per la salute e riducendo la mortalità per malattie non trasmissibili legate all’alimentazione”.
Queste frasi ricorrono più volte nel ponderoso Report “Climate Change 2022. Mitigation of Climate Change”, pubblicato a fine aprile 2022 dal Gruppo di Lavoro III dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che ha ricevuto un’ampia eco mediatica internazionale (si veda, ad esempio, questo articolo del Guardian). Ma prima di riassumere per punti le principali conclusioni del Report, un passo indietro: che cos’è l’IPCC e perché i suoi Rapporti sono così importanti?
L’IPCC è il principale organismo mondiale per la valutazione dei cambiamenti climatici, istituito nel 1988 per iniziativa dell’ONU allo scopo di fornire all’opinione pubblica mondiale una visione chiara e scientificamente fondata dello stato attuale delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro potenziali impatti ambientali e socio-economici. È un organismo intergovernativo internazionale, al quale aderiscono oggi ben 195 Paesi, che si avvale del lavoro su base volontaria di migliaia di ricercatori di tutto il mondo.
Fanno parte dell’IPCC tre Gruppi di Lavoro: il primo si occupa degli aspetti scientifici del clima e dei cambiamenti climatici, il secondo esamina la vulnerabilità dei sistemi naturali e socio-economici, gli impatti dei cambiamenti climatici e le opzioni di adattamento; il terzo, autore del Report citato all’inizio, valuta le diverse opzioni di mitigazione dei cambiamenti climatici, attraverso la limitazione, il contrasto e la riduzione delle emissioni dei gas serra in atmosfera.
Nel 2007 l’IPCC ha ricevuto, insieme ad Al Gore, il Premio Nobel per la Pace 2007 “per l’impegno profuso nella costruzione e nella divulgazione di una maggiore conoscenza sui cambiamenti climatici antropogenici, e nel porre le basi per le misure necessarie a contrastarli”.
Le conclusioni del Report IPCC
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- Il sistema alimentare globale gioca un ruolo primario nell’emissione di gas serra. Si calcola che la produzione di cibo sia responsabile di un terzo di tutti i gas che riscaldano il pianeta emessi dall’attività umana.
- Passare dagli attuali comportamenti alimentari ad altri più salutari ridurrebbe notevolmente le emissioni inquinanti:
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- 29% di gas serra e -5/9% di altri impatti ambientali entro il 2050 seguendo le linee guida alimentari internazionali (es., quelle della World Health Organization);
- 52% di gas serra e -6/22% entro il 2050 passando a un’alimentazione con più prodotti a base vegetale.
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In sintesi, “il passaggio a un’alimentazione a base vegetale porta a vite più sane e riduce le emissioni di gas serra”.
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- Per ridurre le emissioni inquinanti grazie alle nostre scelte alimentari non occorre bandire il consumo di alcun tipo di cibo: è vero che il maggiore potenziale di mitigazione degli impatti ambientali si raggiunge con una dieta vegana (0,4-2,1 tonnellate di CO2-pro capite), ma anche con una dieta vegetariana il risultato è di 0,01-1,5 tonnellate pro capite, e ancora più alto è quello che si ottiene seguendo una dieta mediterranea (o simile): 0,1-2,0 tonnellate pro capite. Come sottolinea il Guardian, “i cambiamenti non debbono essere estremi”.
- Ma non è facile cambiare abitudini a tavola. Il Report dell’ICPP ammette che la capacità di cambiamento varia da un’area geografica all’altra, perché “le diete sono specifiche del luogo e della comunità, e possono essere influenzate dalle pratiche di produzione locali, da barriere tecniche e finanziarie, da norme comportamentali e culturali relative al consumo di cibo, e così via”. Per queste ragioni, conclude il Report, “la transizione verso diete a basse emissioni di gas serra e il raggiungimento del loro potenziale di mitigazione richiedono una combinazione di politiche appropriate, incentivi finanziari e non finanziari e campagne di sensibilizzazione per indurre cambiamenti nel comportamento dei consumatori, con potenziali sinergie tra obiettivi climatici, salute ed equità”.